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MESHES

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OF

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LAND

 

Music for Maya Deren

SALVATORE TAVERNA

pianoforte, synth, theremin

 

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STEFANO ZANUS-FORTES

chitarra, basso, synth

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MESHES OF LAND (MUSIC FOR MAYA DEREN)

 

01 In The Beginning

02 At Land

03 Meshes Of The Afternoon

04 A Study In Choreography For Camera

05 Ritual In Transfigured Time

06 The Witch's Cradle

07 The Very Eye Of Night

 

Sono ormai sessant’anni che la cineasta americana Maya Deren (1917-1961) ci ha lasciato, morta prematuramente all'età di 44 anni. Di lei ci rimangono i suoi scritti, le immagini ma soprattutto i suoi film. Questo nostro tributo musicale si propone di reinterpretare alcune pellicole attraverso una scrittura sonora che rispecchi le atmosfere originali e il climax dei cortometraggi. Il connubio tra i film di Maya Deren e le musiche nasce da una ricerca indirizzata più ai contrasti che alle aderenze: in alcuni casi abbiamo utilizzato un criterio analitico, esplorando scena per scena, in altri ci siamo orientati verso un commento sonoro indefinibile, elaborato in tempo reale in fase di esecuzione, tramite una sorta di alea misurata. Entrambi gli approcci pensiamo possano condurre gli ascoltatori a spaziare verso nuove possibili riletture dei suoi film.

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Maggio 2021

 

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SALVATORE TAVERNA: pianoforte, synth, theremin

 STEFANO ZANUS-FORTES: chitarra, basso, synth

 

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-Live recorded & mixed: marzo 2019 – febbraio 2020

-Mastering: Mauro Bonicelli, aprile 2021

-Graphic: Matteo Torcinovich

-Cover art: Alberto Lot

© 2021

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MESHES OF THE AFTERNOON

Considerato come l’esordio e insieme l’affermazione della nuova avanguardia filmica americana, Meshes of afternoon avvia la grande stagione americana del “trance-film”: un  “cinema ipnotico” visionario, anti-rappresentativo e antinarrativo, con un carattere personale onirico, che affonda nell’orizzonte psichico soggettivo e ne proietta le percezioni, i fantasmi e le osservazioni in un percorso visivo sostanzialmente irrazionale ed emotivo. Meshes è un psicodramma che crea una dimensione fluida in cui le coordinate spazio-temporali diventano assolutamente arbitrarie e gli eventi sembrano il prodotto di un’allucinazione. Sogno e realtà, mondo oggettivo e immaginario si mescolano creando uno spazio irreale. L’intricata struttura a spirale del film vede una giovane donna (interpretata da Maya Deren) sulle tracce di una misteriosa figura che si allontana, entra nella propria casa e si addormenta. In seguito la scena si ripeterà più volte, portando alla moltiplicazione delle figure della protagonista. La donna insegue ora un’inquietante figura coperta da un mantello, con uno specchio al posto del viso. Considerato uno dei capolavori della Deren, Meshes fu girato in soli 20 giorni, nel maggio del 1943 con pochissimi mezzi, utilizzando una cinepresa Bolex 16mm di seconda mano. Il set è principalmente ambientato nella casa di Kings Road a Hollywood Hills, dove la regista risiedeva con il marito Alexander Hammid il quale, oltre ad interpretare una breve parte, collaborò attivamente alla stesura e realizzazione dell’intero cortometraggio.

Meshes of afternoon è l’unico lavoro della cineasta privo di sceneggiatura; fu costruito secondo un procedimento osmotico, che sviluppava il film in fase di ripresa eseguendo una semplice traccia delineata inizialmente.

Nel 1947 vinse il Grand Prix International al Festival di Cannes nella sezione opere sperimentali e nel 1990 venne inserito nei registri del National Film Registry per la conservazione perenne nella Library of Congress.

Maya Deren - Meshses of the afternoon
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Maya Deren  Witch's cradle

THE WITCH'S CRADLE

Cortometraggio sperimentale, scritto e diretto da Maya Deren con Marcel Duchamp. Girato negli ambienti dell’Art of This Century di Peggy Guggenheim a Manhattan nel 1943, il film prende spunto dall’installazione di Duchamp “Sixteen Miles of String”, predisposta per l’allestimento della “First Papers of Surrealism”, esposizione surrealista del 1942 tenutasi a New York e composta da sedici miglia di corda. The Witch’s Cradle (La culla della strega) è l’unico film che la cineasta riconobbe come esplicitamente surrealista, anche se lei stessa dichiarerà che il suo intento non erano i principi artistici dei surrealisti, ma bensì esplorare il funzionamento dell’intelligenza umana di fronte all’ignoto, al non-reale. È plausibile credere che per la storia la Deren si sia ispirata anche a una sua reale esperienza accaduta anni prima, quando, come assistente editoriale di William Seabroock, venne ripetutamente coinvolta in alcuni esperimenti sull’occulto dal suo datore di lavoro. Una sorta di labirinto misterioso e claustrofobico, sperimentale e surreale interpretato principalmente dall’attrice Anna Matta Clark (una strega) e dallo stesso Duchamp, il quale nel film appare intento a lottare con una corda, corda che qui viene riferita alla credenza che le streghe imparano a volare dopo aver passato una notte intera legate nude ad una particolare sedia a dondolo. La scritta circolare a specchio “the end is the beginning is… “impressa sulla fronte dell’attrice attorno alla stella a cinque punte, il simbolo magico del pentacolo, potrebbe evocare la stretta connessione tra esistente e non esistente, tra tutto e nulla, tra inizio e fine, tra vita e morte. Il film non fu mai portato a termine e le immagini del girato furono successivamente recuperate e montate dall'Anthology Film Archives dopo la morte della regista, dunque non sapremo mai cosa effettivamente la Deren avesse intenzione di realizzare.

AT LAND

Girato nel 1944 durante un soggiorno estivo sulla spiaggia di Amagansett a Port Jefferson (Long Island), At Land è il secondo progetto sperimentale muto, diretto e interpretato da Maya Deren. Come nel precedente “Meshes of the Afternoon", non vige la logica razionale, quanto piuttosto  quella del sogno. La narrativa risulta fluida e a struttura circolare; antinarrativo per eccellenza, il tempo è quello del ritmo psichico, della visione onirica volta a cogliere e intuire “l’altra realtà”, i mondi invisibili celati alla mente. Elogio alla femminilità e alla sensualità della donna, il cortometraggio - basato sull'idea della mutabilità della personalità - si apre con una figura femminile (la stessa Deren) che giace distesa sulla sabbia (morta? svenuta? addormentata?), lasciata lì dalla marea e dalle onde. Da qui inizierà il suo vagare da un luogo all'altro; uno strano viaggio esistenziale e extracorporeo durante il quale altre versioni di se stessa incontreranno diverse persone e luoghi, fino a ritornare sulla spiaggia da cui era partita, lasciandosi dietro le altre sè stesse, in un ultimo ed esaltante atto di libertà.

Si segnalano tra i tanti interpreti presenti nel film, il diciassettenne poeta surrealista Philip Lamantia, l’attore Parker Taylor, il compositore John Cage e la moglie, la scultrice Xenia Kashevaroff e come in Meshes..., il marito della Deren, Alexander Hammid.

Maya Deren - At land
Maya Deren - A Study in Choreography for Camera

A STUDY IN CHRONOLOGY OF CAMERA

Brevissimo cortometraggio della durata di 2 minuti circa, A Study in Choreography of Camera può essere visto come un “passo a due” tra l’unico interprete presente nella pellicola, il ballerino afroamericano Talley Beatty (ex membro della Dunham Company) e la cinepresa. Fu il terzo progetto di Maya Deren nel quale la regista si cimentò tentando di esprimere e rappresentare la sua visione di come liberare il corpo umano dai confini dello spazio teatrale. Come spiega la stessa autrice: “La maggior parte dei film di danza sono registrazioni di danze che erano in origine concepite per il palcoscenico teatrale e per il punto di vista fisso frontale del pubblico. Al massimo, quando la cinepresa agisce come un occhio mobile del pubblico - quando si avvicina con primi piano o guarda di lato - questa mobilità della visione ha un effetto soltanto superficiale sulla concezione dello spazio e sui movimenti della danza stessa. In questo film ho tentato di collocare il danzatore in uno spazio cinematografico illimitato. Inoltre, egli condivide con la cinepresa una corresponsabilità per i movimenti stessi. Questa è, in altre parole, una danza che può esistere solo sulla pellicola”.

RITUAL IN TRANSIFURED TIME

Girato tra il settembre del 1945 e la primavera del 1946, fu presentato al pubblico  il 1 giugno del 1946. Interpreti protagonisti sono Maya Deren, due ballerini professionisti, Rita Christiani e Frank Westbrook e Anaïs Nin.

Per la realizzazione di questo corto la regista utilizzerà lo spazio, il tempo e il corpo come elementi compositivi della sua partizione visiva, realizzando un “rituale cinematografico” finalizzato alla trasfigurazione conclusiva della protagonista. Una metamorfosi spirituale, scandita da un tempo della cinepresa, che viene qui trasfigurato in una complessa architettura ritualistica, che necessita del sacrificio e dell’abbandono del vecchio corpo abitato da credenze e idee superflue. Il silenzio, le espressioni, i giochi di sguardi, i movimenti del corpo e delle labbra, lasciano il campo a letture “altre” e evocano voci che non si possono udire.

La distorsione temporale, la depersonalizzazione dell’individuo e il modo in cui vengono realizzati i movimenti dionisiaci della danza, enfatizzano la natura non funzionale degli stessi mettendo il gesto al centro dell'azione; il ciclo infinito della nascita-morte-rinascita rivive attraverso la ninfa in lutto che risorge alla nuova vita della “sposa”, come in alcune divinità mortali di antiche religioni.

Maya Deren - Ritual in transfigured time
Maya Deren - The very eye of night

THE VERY EYE OF NIGHT

Ultimo cortometraggio realizzato da Maya Deren e prodotto da John Latouche; girato nella primavera del 1952, con la collaborazione degli allievi della Metropolitan Opera Ballet School di New York. Fu il lavoro più costoso, più lungo e forse più incompreso della Deren. Venne presentato, dopo una lunga gestazione, solo nel 1959, poco prima della sua morte, avvenuta nel 1961. The Very Eye of Night è il compimento di un rigoroso itinerario etico-estetico lungo il binomio cinema e poesia, immagini e parole. Il film rappresenta l’apoteosi antinarrativa compiuta dalla cineasta, nel quale regna un totale azzeramento di ogni riferimento diegetico e ambientale. La danza come una sorta di melodia per lo sguardo che evoca, parlando direttamente alle emozioni, e inducendo la mente a fantasticare. La coreografia celestiale delle figure mitiche che si stagliano in negativo su un cielo vagante di stelle, è il viaggio nel mistero della vita… “l’universo interiore dell’uomo, in cui egli entra quando si addormenta” come spiegherà la stessa Maya Deren riferendosi al suo film.

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© 2020 by scorza

SALVATORE TAVERNA

pianoforte, synth, theremin

 

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STEFANO ZANUS-FORTES

chitarra, basso, synth

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